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L'alluce valgo

Andrea Massimo Emilio Longinotti • mar 19, 2023

                                                                                     Di cosa si tratta?  



Definizione


L’alluce valgo è dovuto dallo spostamento verso l’esterno della base dell’alluce e dalla deviazione della punta dell’alluce stesso verso le altre dita.

Questo determina un gonfiore localizzato e doloroso alla base dell'alluce (la cosiddetta “cipolla”), con conseguente infiammazione della borsa vicina (borsite) e attività degenerativa delle articolazioni (artrosi).

Questo disturbo, che tende a comparire nell’età adulta, colpisce più frequentemente il sesso femminile (con un rapporto di 15:1 rispetto agli uomini), ma chiunque in realtà potrebbe soffrirne.

Secondo dati recenti, in Italia circa il 40% delle donne è affetto da alluce valgo. Può manifestarsi a qualsiasi età, ma è intorno ai 40/50 anni di età che si registra il picco maggiore.


LE CAUSE


Le CAUSE sono da ricercarsi nella conformazione del piede in particolare questo disturbo si manifesta in persone che hanno il primo dito più lungo delle altre dita, o l’ipermobilità dal primo metatarso, o che hanno il piede piatto o che hanno problemi di peso, di postura o il basso tono muscolare.

  • Vi sono però dei fattori di rischio che non sono da sottovalutare come la presenza di alcune patologie, come l'artrite reumatoide e la gotta, o come alcune malattie del tessuto connettivo.

Possono contribuire anche altre cause la principale è l’utilizzo di calzature non adatte che forzano il piede in una posizione poco naturale e che non ne agevolano il movimento mentre camminiamo


I SINTOMI


I SINTOMI classici sono identificabili con: dolore nella zona interessata, anche a riposo; arrossamento, intorpidimento e gonfiore; ispessimento della pelle, che appare dura e callosa (borsite comunemente chiamata cipolla); modifiche alla forma complessiva del piede; difficoltà a camminare (a causa del dolore).


L'alluce valgo può peggiorare se non trattato e può indurre ulteriori disturbi, come ad esempio l'artrite a livello delle articolazioni dell'alluce o la deformità del secondo dito del piede, spinto fuori sede.



Cure e rimedi


La Fisioterapia può intervenire validamente sia prima (ritardando il progredire della deformità e alleviando il dolore) che dopo l’intervento chirurgico (ristabilendo il normale funzionamento del piede e dell’arto inferiore interessato).


Il trattamento fisioterapico conservativo dell'alluce valgo si avvale di misure per alleviare la sintomatologia a carico del piede e attenuare il dolore, tuttavia non sono in grado di far regredire la deformità stessa o di migliorare l'aspetto estetico del piede.

Nel corso di una patologia come quella dell’alluce valgo, se presa per tempo, il fisioterapista farà allenare il muscolo abduttore dell’alluce compromesso, al fine di creare una stabilizzazione attiva dell’articolazione metatarso-falangea.
Diverse misure consentono la gestione dei sintomi dell'alluce valgo:

  • Evitare le attività che costringono a stare in piedi per lunghi periodi di tempo.
  • Applicare il ghiaccio più volte al giorno sulla zona interessata può fornire sollievo dal dolore e riduce l'infiammazione.
  • Scegliere calzature adeguate. La scarpa migliore è quella che riprende la forma naturale dell'arco plantare, dando sostegno, protezione dagli urti e contenimento del piede. La suola dovrebbe adattarsi comodamente al tallone e la parte anteriore dovrebbe essere sufficientemente spaziosa e flessibile per accogliere la punta del piede ed assecondarne i movimenti. Il tacco non dovrebbe superare i 4-5 cm, poichè tacchi eccessivamente alti costringono il piede ad una posizione innaturale, accorciando il tendine di Achille e compromettendo la ripartizione del peso sul piede.
  • Plantari: che aiutano a riallineare le ossa del piede e consente di evitare un sovraccarico della parte anteriore del piede, aiutando a ridurre la sintomatologia dolorosa. Sono disponibili anche distanziali per evitare l'attrito tra le dita.


Il trattamento fisioterapico post chirurgico si orienta su diversi aspetti:

-        Trattamento della cicatrice per evitare che si creino aderenze indesiderate e che venga mantenuta l’elasticità dei tessuti

mobilizzazione delle ossa metatarsali e mobilizzazioni mirate delle ossa del piede per recuperare i corretti rapporti tra le componenti ossa                  del piede ed evitare l’insorgere di rigidità.

-         Rinforzo muscolare in particolare del tibiale posteriore e del peroneo lungo per fornire stabilità al piede, in prima battuta e in seguito di tutto l’arto inferiore non dimenticando l’apporto della zona glutea.

-         Intervento sulla fascia plantare per stabilità della volta plantare.

-         Propriocezione per fornire al soggetto il giusto rapporto tra funzionalità del piede ed ambiente esterno

-         Rieducazione al passo

 

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GRAZIE

Autore: Andrea Massimo Emilio Longinotti 22 apr, 2023
Definizione Il GIRD (o internal rotation deficit of the glenohumeral joint) è un disturbo comune tra gli atleti, in particolare tra i giocatori di baseball, che colpisce la mobilità della spalla. Si tratta di un problema che può impedire la corretta esecuzione di alcune attività sportive e causare dolore e lesioni. In questo articolo di fisioterapia, analizzeremo il GIRD, le cause, i sintomi, la diagnosi e le opzioni di trattamento disponibili per i pazienti. Cos'è il GIRD? La traduzione letterale di GIRD (Glenohumeral Internal Rotation Deficit ) è deficit nella rotazione interna di spalla ed in particolare difficoltà a portare la spalla dietro la schiena causata generalmente da un trauma diretto alla spalla o da overuse (cioè da un sovra utilizzo) della spalla stessa in atleti che praticano sport cosiddetti overhead ossia con movimenti che portano spesso il braccio al di sopra della spalla e della testa. Si tratta di un disturbo molto comune tra i lanciatori di baseball, a causa dell'elevata sollecitazione degli stessi muscoli che causano la riduzione della rotazione interna. Il gesto del lancio tipico degli atleti overhead è un complesso fenomeno biomeccanico. Questo movimento, eseguito a velocità estreme, richiede la combinazione di flessibilità, forza, coordinazione e controllo neuromuscolare. La spalla del lanciatore deve presentare un’adeguata stabilità dinamica per effettuare il lancio, e per prevenire sintomi e/o lesioni. La spalla del lanciatore tipicamente presenta un’ipermobilità in alcune direzioni e un’ipomobilità in altre. Questo pattern atipico di movimento può essere attribuito a modificazioni strutturali della capsula, del labbro, delle strutture muscolari, dei legamenti e delle strutture ossee come risposta alle esigenze del gesto specifico del lancio. In generale, la spalla del lanciatore presenta un aumento della rotazione esterna e una riduzione della rotazione interna gleno-omerale (definita dall’acronimo GIRD, Glenohumeral Internal Rotation Deficit) se confrontata con la spalla controlaterale, alterazioni riconducibili a modificazioni sia delle strutture ossee (aumento dell’angolo di retroversione omerale) sia dei tessuti molli (ad esempio, asimmetria della tensione capsulare, in particolare ridigità della porzione posteriore). In alcuni casi di GIRD può non essere presente un aumento della rotazione esterna, con conseguente elevata probabilità di sviluppare un impingement interno patologico. In alcuni casi, il GIRD può essere presente anche nei non lanciatori, soprattutto in coloro che svolgono attività quotidiane che coinvolgono la ripetizione di movimenti del braccio. I dolori cronici alla spalla (sia in atleti overhead, -, sia in normali attività lavorative o quotidiane) sono spesso da imputarsi ad alterazioni nella forza e nella flessibilità oltre che dell’articolazione gleno-omerale anche di altre componenti della catena cinetica di tronco e arto superiore.
Autore: Andrea Massimo Emilio Longinotti 02 feb, 2023
 Definizione Il low back pain, o lower back pain, viene definito come «il dolore percepito tra il margine inferiore dell’arcata costale e le pieghe glutee inferiori, con o senza dolore alla gamba». Conosciamolo meglio analizzando un po’ di dati Il mal di schiena, o low back pain, costituisce l’affezione muscoloscheletrica più comune al mondo, seguita al secondo e al terzo posto, rispettivamente, dal dolore cervicale e dal dolore di spalla. Rimane importante ricordare che costituisce la prima causa di disabilità al mondo, Per capirne l’impatto in termini economici basti riflettere sul fatto che «costa» nei soli Stati Uniti 34 miliardi di dollari all’anno. Con queste cifre alla mano non è difficile immaginare che e che l’impatto sociale sulla vita delle persone sia in certi casi devastante. Dando ancora un occhio ai numeri sappiamo che secondo le stime del Global Burden of Diseases la prevalenza è di appena poco più del 9%, che nel corso della vita individuale si attesta tra il 49 e il 90%, e che il tasso di ricorrenza, un anno doppo il primo episodio, supera di poco il 30%. Numeri alla mano ci dicono che da uno studio effettuato su un campione di pazienti il tempo di recupero dal low back pain sarebbe di circa 7 giorni, ma a 12 settimane il 35%dei pazienti aveva ancora dolore e il 10% di loro manifestava dolore ancora dopo un anno dal primo episodio. Secondo un altro studio il 5% -10% dei pazienti non aveva ottenuto un recupero completo dopo 6 mesi dal primo episodio. Questi dati sono importanti per confutare l’assioma da qualcuno sostenuto che il mal di schiena passi da solo. Possono esserci dei fattori contribuenti? Se i tempi di remissione spontanea, infatti, tardano a venire il rischio è quello di incorrere in una cronicizzazione dei sintomi. In particolare la compresenza di comorbilità (diabete, artrite reumatoide, ansia, depressione, disturbi psicopatologici ad esempio), nonché l’esistenza di fattori contribuenti quali stimoli meccanici (principalmente), psicologici, ambientali può portare alla persistenza del dolore e ad un maggior numero di episodi durante l’anno o possono ritardare il recupero in termini di dolore, funzionalità, di ritorno all’attività lavorativa o sociale in generale. La stessa paura del movimento impatta in maniera significativa sulla prognosi di un paziente con low back pain. Anche una significativa e importante deprivazione del sonno in un paziente con low back pain cronico può portare all’acuirsi dei sintomi.
Autore: Andrea Massimo Emilio Longinotti 02 dic, 2022
Le distorsioni della caviglia sono una delle lesioni sportive più comuni tra i 15 ei 35 anni. Riprendiamo solo velocemente le tipologie principali di lesione che si possono verificare: si può avere una distorsione con meccanismo di eversione e quindi dolore sulla parte mediale della caviglia (malleolo interno, con possibile rottura del legamento deltoideo o del malleolo stesso). Questa lesione di solito dà spesso origine a dolore cronico mediale piuttosto che instabilità cronica sul lato mediale. Si può avere, come accade nel 90% dei casi, una distorsione con inversione della caviglia (quindi rimane interessato il malleolo laterale e tutte le strutture ad esso collegate, comparto legamentoso in particolare) e molte di esse portano a instabilità anterolaterale residua. Le lesione da contatto possono portare all’interessamento della sindesmosi della caviglia a causa della dorsiflessione forzata della caviglia e della rotazione esterna del piede. È stato stimato che le distorsioni della caviglia costituiscono tra il 15-56% delle lesioni negli sport dove frequenti sono le attività di corsa e salto, come ad esempio accade nel calcio, nel basket e nella pallavolo. La caviglia come sappiamo è altamente coinvolta nel gesto atletico in quanto deve, oltre che adattarsi al tipo di superficie sulla quale impatta il piede, essere in grado di bilanciare il corpo quando si muove al di fuori della sua area di equilibrio. Inoltre deve essere in grado di assorbire le asperità del terreno qualora questo fosse irregolare. Nella riabilitazione della caviglia questi aspetti devono essere tenuti ben presente e a maggior ragione quando di fronte ci troviamo uno sportivo. Per evitare l’insorgere di nuove lesioni occorrerà seguire un percorso terapeutico articolato in più fasi. Vediamo in cosa consiste questo tipo di riabilitazione
Autore: Andrea Massimo Emilio Longinotti 08 ott, 2022
Il primo caso descritto di lussazione di spalla si trova in uno dei più vecchi libri scritti dall’uomo, il Papiro di Edwin Smith (3000-2500 a.C). La spalla è un’articolazione molto complessa, la cui stabilità è garantita da tre sistemi: un sotto sistema attivo (rappresentato dai muscoli della cuffia dei rotatori, dai tendini bicipite e dal movimento scapolo toracico), un sotto sistema passivo (rappresentato dal cercine glenoideo, dai legamenti gleno omerali, dall’intervallo dei rotatori, dalla capsula articolare, dalla morfologia della glenoide, dal liquido e dalla negatività della pressione intrarticolare) e un sotto sistema di controllo (costituito da tutta una serie di recettori che conducono informazioni al Sistema Nervoso Centrale attraverso il Sistema nervoso Periferico) che concorrono tutti a mantenere la testa dell’omero all’interno della glena. Il deficit funzionale di uno solo di questi componenti non è sufficiente per l’insorgenza di una instabilità clinica. Così come l’eccessiva traslazione da sola non è sufficiente per stabilire una diagnosi di instabilità, lo è solamente, però, se è associata con un’evidente manifestazione clinica basata sulla storia del soggetto o su altre prove fisiche (Silliman e Hawkins 1993). E’ questo il caso ad esempio dei lussatori volontari.
Autore: Andrea Massimo Emilio Longinotti 31 lug, 2022
La caviglia è un'articolazione composta da diversi segmenti ossei (tibia, perone, astragalo e calcagno) e su di essa poggia tutto il peso corporeo, inoltre, grazie alla sua conformazione, può compiere diversi movimenti: flessione plantare, flessione dorsale, supinazione e pronazione, inversione ed eversione che le garantiscono una certa libertà di movimento. Spesso ci rendiamo conto della sua fondamentale funzione nel momento in cui per qualche motivo qualcosa ne inficia l’efficienza. Una buca per strada, un movimento errato o il semplice inciampare può provocare una storta di questa articolazione con conseguenze più o meno gravi. La distorsione alla caviglia risulta essere il più frequente trauma muscolo-scheletrico dell'arto inferiore . In Italia, ad esempio, si stimano circa 5000 traumi distorsivi alla caviglia al giorno, questo significa che è uno dei traumi più comuni negli sport (20% traumi sportivi) e nelle attività ricreative. Anche se può essere un evento molto doloroso, nella maggioranza dei casi il recupero è completo, quando il percorso di riabilitazione è pianificato in modo corretto ( la disfunzione diventa cronica nel 30% dei casi e sono frequenti le recidive).
Autore: Andrea Massimo Emilio Longinotti 24 mag, 2022
La fibromialgia o sindrome che non si vede perché chi ne è affetto risulta invisibile agli occhi della gente e dei medici. Nella maggior parte dei casi chi ne soffre si trova a vivere una situazione di incomprensione da parte del medico di famiglia e molto spesso dei suoi familiari. Per lo più si è portati a pensare che si tratti di un dolore immaginario e quindi che il paziente debba essere seguito da uno psichiatra. Secondo le statistiche, infatti, ogni donna fibromialgica vede mediamente 7-8 medici prima di arrivare alla diagnosi. Anni di dolore, insonnia, stanchezza che non migliora con il riposo, difficoltà di concentrazione e disturbi della memoria a breve termine, isolamento sociale e incomprensioni possono portare, spesso, la paziente a una depressione indotta dalla malattia. La fibromialgia NON è una sindrome depressiva. La fibromialgia si traduce spesso in dolore cronico con costi sociali altissimi dovuti alle frequenti assenze dal lavoro, alla mancanza di adempimento delle attività quotidiane, al ritiro dalla vita sociale che spesso accompagna questa sindrome. L’impatto economico risulta oneroso così come per il sistema sanitario. Solo da pochi anni, in Italia è aumentato il numero di reumatologi che si interessano a questa sindrome. La sua storia, però, risale a quasi due secoli fa. Il 90% delle persone colpite da fibromialgia sono donne. Si stima che la prevalenza in Italia nella popolazione generale si possa aggirare intorno al 6-7% (che significa tra i 3 e i 4 milioni di individui affetti). La fibromialgia sarebbe quindi confrontabile per frequenza alla artrosi che da anni viene considerata la più diffusa malattia reumatica. La frequenza di fibromialgia nei pazienti che si rivolgono allo specialista reumatologo per dolore osteoarticolare è di circa il 20-25%. La fibromialgia è molto più frequente nel sesso femminile rispetto a quello maschile (da 5 a 20 volte) e l’esordio dei sintomi si verifica più spesso nella classe di età compresa tra i 20 e i 30 anni, ma poiché la progressione è lenta, spesso i pazienti si abituano ai sintomi finché questi diventano difficilmente sopportabili e si rivolgono pertanto al medico in età più avanzata. Le donne sono maggiormente colpite da questa malattia perché predisposte dal punto di vista neuroendocrino ad una alterazione dei meccanismi del dolore per i processi biologici cui vanno incontro nelle varie fasi della loro vita (menopausa, ciclo mestruale), ma anche perché sono più inclini a subire in modo notevole lo stress cronico psico-fisico legato alla vita moderna, che le vede impegnate su più fronti (lavoro, famiglia, figli). Che cosa è la Fibromialgia? Scopriamolo insieme. Il termine fibromialgia (FM) deriva da “fibro” che indica i tessuti fibrosi (come tendini e legamenti) e “mialgia” che significa dolore muscolare. La FM è quindi una malattia reumatica che colpisce i muscoli causando un aumento di tensione muscolare: tutti i muscoli (dal cuoio capelluto alla pianta dei piedi) sono in costante tensione. La FM era già stata descritta nella prima metà del 1800. Agli inizi del 1900 venne considerata una malattia infiammatoria dei muscoli (fibrosite). Alla fine degli anni ’40 venne esclusa la presenza di infiammazione e venne considerata una malattia psicologica. Il moderno concetto di FM e di tender points risale al 1978. Nel 1990 sono stati messi a punto i criteri diagnostici e nel 1994 la diagnosi di FM è stata accettata a livello internazionale con la cosiddetta “Dichiarazione di Copenhagen”. Si tratta quindi di una malattia conosciuta da molto tempo, ma che solo recentemente è stata meglio definita. I numerosi studi volti a capire le cause della malattia hanno documentato l’interessamento a livello di SNC (Sistema Nervoso Centrale) in seguito all’alterazione di segnale dei neurotrasmettitori , cioè di quelle sostanze di fondamentale importanza nella comunicazione tra le cellule nervose. In buona sostanza l’interpretazione dei segnali che giungono dalla periferia al nostro SNC vengono interpretati in modo errato e fornendo una risposta di ritorno alterata che si traduce o con percezione di dolore molto intenso in risposta a stimoli dolorosi lievi (iperalgesia) o attraverso una percezione di dolore in risposta a stimoli che normalmente non sono dolorosi (allodinia). La fibromialgia, come anticipato, è una malattia sistemica vera, che interessa i tessuti molli (e non le articolazioni) e si presenta con dolori muscolari, affaticamento cronico, ipersensibilità al dolore proveniente anche da stimoli cutanei innocui, mal di testa, disturbi del sonno. Questa alterazione periferica e centrale dei meccanismi del dolore fa sì che ogni stimolo, risulti doloroso. E il dolore è cronico, tale da comprometterne la vita intera. Le due caratteristiche principali della FM sono infatti la iperalgesia e l'allodinia. Uno degli effetti della disfunzione dei neurotrasmettitori, ed in particolare della serotonina e della noradrenalina, è l' iperattività del Sistema Nervoso Neurovegetativo (una parte del nostro sistema nervoso che controlla con meccanismi riflessi numerosi funzioni dell’organismo tra cui la contrazione dei muscoli, ma anche la sudorazione, la vasodilatazione e la vasocostrizione, ecc.) che comporta un deficit di irrorazione sanguigna a livello muscolare con insorgenza di dolore ed astenia e tensione. Tipico della FM, come di altri disturbi neurovegetativi, è che l’andamento dei sintomi varia in rapporto a numerosi fattori esterni che sono in grado di provocarne un peggioramento: c’è una evidente influenza dei fattori climatici (i dolori peggiorano nelle stagioni “di passaggio”, cioè primavera e autunno e nei periodi di grande umidità), dei fattori ormonali (peggioramento nel periodo premestruale, peggioramento in caso di disfunzioni della tiroide), dei fattori stressanti (discussioni, litigi, tensioni sul lavoro e in famiglia). Sintomi e diagnosi Nella fibromialgia la sofferenza fisica non è certo limitata a muscoli o tendini, dal momento che tutto l’apparato locomotore e le sue parti “molli” ne vengono colpite, le ripercussioni si hanno anche sotto il profilo cognitivo e neurologico.
taping, fisioterapia
Autore: Andrea Massimo Emilio Longinotti 14 apr, 2020
Il cerotto kinesiologico, noto anche come cerotto kinesio, è un cerotto elastico e flessibile, quasi identico alla pelle umana. È molto utile per trattare un'ampia gamma di lesioni sportive e per controllare situazioni infiammatorie. [presto on-line tutto l'articolo]
dolore, spalla, fisioterapia
Autore: Andrea Massimo Emilio Longinotti 14 apr, 2020
Solo perché hai più di 60 anni, non significa che devi soffrire di dolore cronico. Gli esercizi mirati possono alleviare il dolore e ti consentono di condurre una vita attiva. In questo modo è possibile rallentare il processo di invecchiamento e ridurre gli altri segni dovuti al passare del tempo. [presto on-line tutto l'articolo]
fisioterapia, anca, artrosi, vercelli, asigliano vercellese, andrea, longinotti
Autore: Andrea Massimo Emilio Longinotti 10 apr, 2020
L’anca è la parte anatomica che unisce il bacino con la parte superiore della gamba. L’articolazione fra l’osso iliaco e la testa del femore, l’osso che sostiene la coscia, si chiama articolazione coxofemorale. È fra le più importanti del corpo: ci consente di alzarci in piedi, camminare, correre, pedalare, guidare... Con il passare degli anni è possibile avvertire qualche problema all'anca. Questa è infatti una delle articolazioni sulle quali si interviene più spesso chirurgicamente. L’anca è purtroppo una delle sedi anatomiche maggiormente soggette all’artrosi, probabilmente per via della notevole varietà ed ampiezza dei movimenti che deve consentire e delle notevoli forze che sopporta.
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